L’altro punto su cui fare attenzione riguarda il fatto che gran parte degli Intangibles o del valore del Capitale Umano è generato dalle “risorse chiave” che creano e sviluppano competenze, che hanno presa sui clienti, che sostengono i cambiamenti organizzativi, che alimentano l’engagement interno come credibili testimonials o “champions”. Ma chi può riposare nella convinzione che questi talenti resteranno per sempre in azienda? Magari sono soddisfatti e valorizzati, ma sovente è nella natura umana il voler cambiare anche senza effettivi motivi razionali, ed è interessante attraversare nuove esperienze professionali.
Allora è opportuna una selettiva iniziativa di retention sulle risorse chiave. Tale fidelizzazione deve essere innanzitutto calibrata su un periodo realistico; deve inoltre rispondere alle leve motivazionali sopra citate (per ciascuno assai diversificate), con un sapiente mix di elementi retributivi o di carriera o di ruolo e immagine. Ma pur tra galantuomini un accordo scritto non guasta, ed allora un equilibrato patto di stabilità -
nelle più articolate forme legali - va serenamente considerato. Non certo pesanti e costose limitazioni al percorso professionale della risorsa chiave (le cosiddette “manette d’oro”), ma un equilibrato impegno bilaterale alla stabilità di servizio per un certo periodo che consenta reciproci vantaggi.
Un buon manager delle risorse umane forse lo si può misurare almeno su queste due sfide. Che se si vincono, creano davvero stabile valore per l’azienda (ed anche per la cultura del lavoro).